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Adieu, Tuli....

Di: Gianpaolo Castaldo | 29/07/2010
Tuli Kupferberg, poeta, attivista anarco-pacifista, vignettista, autore di testi sacri quali “1001 Ways to Beat the Draft”, “1001 Ways to Live Without Working” e “Teach Yourself Fucking”, fondatore dei Fugs, ad 86 anni suonati, non è più tra noi. Da tempo malato di cuore, è spirato lo scorso 13 luglio nella sua Manhattan dopo che due infarti subìti nei giorni precedenti non gli davano molte speranze. Tuli ha lottato contro tutto e tutti, sbattendosene delle relative conseguenze. Insieme ad Ed Sanders aveva messo su un combo di anarchici veri che fece un uso geniale dei pochi mezzi di comunicazione disponibili all’epoca. Amico fraterno di Peter Orlowsky, Gregory Corso e di Allen Ginsberg, spesso stazionava nella “redazione” del mensile anarchico di Ed Sanders chiamato non a caso “Fuck You - A Magazine Of Arts”, redazione che a sua volta si trovava nel negozio di libri che lo stesso Sanders aveva aperto a New York e che aveva chiamato “Peace Eye”, l'occhio della pace. Con Sanders e Ken Weaver, ex pilota texano cacciato dall’aviazione per possesso di erba, Kupferberg creò i Fugs, il cui nome sembra derivi da un “eufemismo sessuale” citato da Norman Mailer nel suo romanzo “The Naked and The Dead”. Peter Stampfeld e Steve Weber, usciti da poco da un altra band di veri matti, gli Holy Modal Rounders, si unirono ai tre poeti creando la line-up definitiva dei Fugs stessi. Sam Shepard, anch’egli parte del gruppo all’inizio, disse di loro: “Fin dal primo istante, i Fugs si dimostrarono teatranti, menestrelli, buffoni, musicisti sgangherati, libertari tremendamente dissacranti, erano gli anni delle lotte per i diritti civili, del Vietnam, della rivoluzione sessuale, della scoperta delle droghe, furono anni di contestazione e grandi cambiamenti ed il loro spettacolo (900 repliche al Players Theatre di New York, ndr) incise sull’immaginario di una generazione di giovani americani”. La cultura beat della East Side, per la prima volta, si fuse mirabilmente con la filosofia del “Flower Power” proveniente dalla West Coast, creando così una linea sottile che rese molto vicine le due coste dell’America in un unico afflato rivoluzionario e pacifista. “The Fugs First”, The Fugs” e “Virgin Fugs”, i loro primi tre albums, sono stati una spina nel fianco del sistema americano, sistema che cercò di boicottarli, impedendone la diffusione del messaggio, cercando di tenerli chiusi nella scena underground locale senza farli mai uscire dal circuito militante del movimento. Cose così, nel mondo, non se ne sono più viste, per questo le morti a catena che si ripetono da un decennio a questa parte, piazzano sempre di più la parola FINE su un movimento giunto al suo (purtroppo) naturale epilogo. Non ci sono eredi di questa stazza, non se ne vede in lontananza neanche l’ombra, per questo ogni testa che cade rende il tutto così triste… Provate a pensare, oggi, a chi potrebbe imitare Kupfenberg stesso quando, ad esempio, nel 1967, celebrò davanti al Pentagono “un rito per esorcizzare gli spiriti maligni”. Impossibile solo pensarlo. Ecco, questo è quel che più manca in questo terzo millennio, il coraggio, la capacità di stupire, di agitare le menti e le coscienze, vuoi con un ipotetico Human Be-In in mezzo al Golden Gate Park di San Francisco (chi mai vi parteciperebbe, oggi?) o un Reading di poesie eversive nel Greenwich Village di New York. Uno solo, forse. Jello Biafra. Una goccia nell’oceano, se pensiamo che i Fugs all’epoca avevano accanto Zappa e Capt. Beefheart, Mick Farren dei Deviants e gli stessi poeti della Beat Generation. Addio Tuli.

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