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Occultamento di cultura

Con questo bell'articolo inizia a collaborare con RRTO Gianluca Cicinelli. Benvenuto!

Metti un delitto eccellente. E metti che l'ucciso sapesse i nomi dei suoi assassini da molto tempo prima che lo colpissero a morte. Ma in questo paese tra ciò che tutti sanno e ciò che affermano le sentenze di tribunale, c'è di mezzo il mare delle omertà e delle omissioni se non delle manomissioni. Pier Paolo Pasolini è stato ucciso da un gruppo di persone che gli ha teso un agguato usando il "ragazzo di vita" Pino Pelosi come esca. Cose note a tutti, ma non per la legge, secondo cui a compiere l'omicidio sarebbe stato Pelosi da solo, senza una goccia di sangue sui suoi vestiti nonostante lo scempio compiuto sul cadavere del regista e scrittore. Così, a colui che aveva lasciato un segno profondo nella storia, oltre che nella cultura italiana, con la sua celebre invettiva "Io so i nomi", in cui, pur non avendo le prove giudiziarie, faceva i nomi dei responsabili politici del tentato golpe del 1974, la sorte ha riservato di essere trattato come in un omicidio da B-movie, dove alla fine per arrestare l'assassino bisogna ricorrere alle discutibili armi della polizia scientifica. La stessa scientifica che lasciò per mesi la macchina di Pasolini a rosolare al sole e lavarsi alla pioggia, cancellando prove come le macchie di sangue esterne all'abitacolo, che avrebbero permesso già 35 anni fa di stabilire che quel giorno Pino Pelosi non era solo.

Ma gli amici di Pasolini non si sono mai rassegnati. Un filmato inedito, girato all'idroscalo da Sergio Citti pochi giorni dopo la morte di Pasolini, adesso potrebbe riaprire il caso. E ci sarebbe un nuovo testimone pronto a riferire fatti di estrema rilevanza su quanto accaduto il 2 novembre 1975. Il documentario, che raccontava come poteva essere andato l'omicidio, è stato visionato alla Casa del Cinema. Il filmato, che secondo quanto ha specificato il senatore Guido Calvi "non è un film, ma un atto giudiziario", è stato consegnato al pm Francesco Minisci a cui è affidata l'inchiesta sull'uccisione del poeta.
La pellicola, realizzata nel 1975 da Citti, ricostruisce il giorno della morte di Pasolini e riporta la testimonianza di un pescatore che abitava nella zona e che avrebbe assistito all'assassinio. Citti mette in discussione la verità ufficiale di Pino Pelosi: "In base a quello che mi ha detto il pescatore c'erano due macchine, non una - spiega in video - e oltre quattro persone che hanno iniziato a picchiare Pasolini". E aggiunge: "Non credo sia stata la macchina di Pasolini a investirlo, ma l'altra". Ad arricchire di qualche tassello il caso, anche le parole dell'ex ragazzo di vita, oggi sessantasettenne: "La macchina che uccise Pasolini, che non era quella di Pasolini, fu portata, sporca di fango e sangue prima da un carrozziere sulla Portuense che la rifiutò, poi da un altro che la riparò". Secondo Pelosi i carrozzieri sono entrambi ancora viventi". Se dunque alla fine e dopo 35 lunghissimi anni, si arriverà a una verità processuale sulla morte di Pasolini, sarà dovuto alla tenacia di quanti non si sono mai rassegnati alla verità ufficiale, non certo per merito di una struttura giudiziaria che su Pasolini non ha mai indagato. Perchè per tutti è stato molto più comodo credere e far credere a un delitto tra "froci", perchè Pasolini è stato e rimane la coscienza più feroce dell'inettitudine della borghesia italiana a essere classe dirigente democratica dell'Italia.

Disse Alberto Moravia al suo funerale:«Un paese civile non permette che i suoi poeti vengano uccisi!». L'Italia non solo ha permesso che Pasolini venisse ucciso, ne ha consentito la lapidazione in vita con le scritte che correvano lungo il Tevere spregianti l'omosessualità del poeta, con il disprezzo per la complessità dei suoi pensieri, con l'isolamento anche dalle forze di opposizione politica, perchè alla fine fu lo stesso Partito Comunista Italiano ad accusare Pasolini di essere senza speranza, di non voler illudere i ragazzi delle borgate con prospettive che la vita offriva ad altri giovani, non certo a quelli del Tiburtino terzo o della borgata Gordiani, orfani di un boom che non li aveva mai sfiorati. E ancora oggi che si parla dell'omicidio Pasolini e non di Pasolini, nessuno indaga sui possibili moventi di quel delitto. Perchè se è certo che fu un gruppo a colpire, rimane oscuro il perchè di tanta violenza per eliminare un essere umano.
Rimangono due forti suggestioni a condire l'omicidio Pasolini, suggestioni che vanno sviluppate per ridare forza al più grande intellettuale che l'Italia post guerra abbia mai annoverato: Petrolio e Salò.
Petrolio è l'ultimo libro di Pasolini, rimasto incompiuto e pubblicato postumo nel 1992. D'improvviso, nei giorni in cui si riapriva il caso, è stato annunciato da Marcello Dell'Utri, in qualità di "editore" (perchè tutto è davvero possibile in Italia), il ritrovamento di uno dei capitoli scomparsi del romanzo Petrolio. Il capitolo era sparito dalle carte del manocritto, e pertanto esso fu pubblicato con un ammanco.
Si dice che il capitolo perduto e "ritrovato" da Dell'Utri parlerebbe dell'ENI, della morte di Mattei e del ruolo di Cefis (suo successore alla guida dell'ENI) in quella morte e in altre dello stragismo di quegli anni. Questo fantomatico capitolo avrebbe dovuto essere mostrato all'apertura della XXI mostra del libro antico di Milano: tuttavia non è mai arrivato alla mostra e Walter Veltroni ha presentato un'interpellanza parlamentare al Ministro della Cultura Bondi.
Infine, Salò. Una copia del film, che usciva nei giorni della morte di Pasolini, fu rubata e mai ritrovata. Le pizze erano state rubate qualche tempo prima a Cinecittà. Era sparito Salò, ma anche il Casanova di Fellini e una pellicola di Damiano Damiani. Quegli strani ladri avevano tentato il colpo, avevano richiesto 2 miliardi di riscatto, altissimo. Il produttore Alberto Grimaldi aveva respinto la richiesta, anche perché le pizze rubate non erano uniche. Ma Pasolini non rinunciò al tentativo. L’amico regista Sergio Citti ha raccontato prima di morire che Pier Paolo aveva ricevuto alcuni messaggi, aveva avuto la promessa che gli avrebbero restituito Salò. Inutile dire che nessuno ha mai esaminato collegandoli questi due aspetti del delitto Pasolini e lo facciamo noi per la prima volta. Perchè la certezza nell'omicidio del poeta è che ciò che doveva essere eliminato, non fosse il corpo, ma l'opera intera dello scrittore friulano. E se questo era l'intento, possiamo concludere che si è trattato di un delitto perfetto: chi parla più di Pasolini nella cultura italiana?

Gianluca Cicinelli

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