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Enter

Di: Stefano Santoni | 22/09/2014
Avevo già accennato a loro in sede di recensione del progetto pop della voce dei miei pupilli Wildbirds & Peacedrums, Mariam Wallentin. E chi segue i miei podcast sa bene che sia i W&P che i Fire! (Trio avant-jazz che vede dietro i tamburi Andreas Werliin, marito di Mariam e metà dei W&P) appaiono regolarmente nelle mie scalette per il loro approccio in perfetto equilibrio tra jazz, psichedelia, attitudine garage, primitivismo folk-blues spogliato da ogni orpello e persino pop nel caso dei W&P.

Nel corso del 2013 i Fire! (Mats Gustafsson: sassofoni, Fender Rhodes e elettronica, Johan Berthling: basso e Andreas Werliin: batteria) hanno fatto uscire il loro secondo album in studio (quarto se contiamo le collaborazioni con Jim O'Rourke e Oren Ambarchi), e Without Noticing è stato l'ennesimo centro con il loro sound ormai perfettamente messo a fuoco tra jazz, psichedelia, rock e suggestioni noir.

Non contenti i tre sono riusciti a riunire altri 25 musicisti della scena improv-alt-jazz-rock svedese (tra cui la stessa Wallentin e membri, tra gli altri, dei Tonbruket e degli Skull Defekts) allargando l'ensemble e dando vita, sotto il nome di Fire! Orchestra, ad un baccanale orgiastico dove suggestioni di jazz astrale (con Sun Ra come nume tutelare ed esplicito riferimento), kraut-rock, psichedelia, improvvisazioni, accelerazioni soul si fondono insieme rendendo Exit! semplicemente una delle migliori uscite del 2013, entrando a pieno diritto nella top 5 di molte playlist specializzate.

Visto il successo di Exit! era immaginabile l'attesa per un secondo lavoro della formazione allargata, dopo che il live in edizione limitata Second Exit non aveva detto niente di nuovo confermando però l'incredibile effetto sia visivo che musicale del gruppo sul palco.
Ecco dunque materializzarsi negli scaffali dei negozi (virtuali e non) il nuovo Enter, che esce sempre per la benemerita Rune Grammofon, ma stavolta nel formato doppio vinile e che conferma il format della traccia singola per lato.

Apre la danze Enter Part One, con i Fender Rhodes e la voce di Mariam Wallentin e tessere un tappeto soul-jazz di grande eleganza estetica e allo stesso tempo a creare un primo solco con il precedente Exit, laddove certi afflati soul vanno a sostituire alcune spigolosità tipicamente kraut dell'esordio. La Wallentin mostra tutta la sua perizia del cambiare stile, recita, canta, urla, si dispera, e appena la ritmica doom-funk allenta la presa ecco inserirsi chitarre rombanti ed invocazioni di fiati che chiudono la prima facciata liberi da costrizioni in un inseguimento free-form.
Enter Part Two parte già a briglie sciolte con una ritmica jazz-funk e la voce maschile di Simon Ohlsson che si lancia su un refrain continuo di basso e tastiere dimenandosi come un ossesso, fino a quando uno stacco improvviso scatena il caos di strumenti ed elettronica ed il noise improvvisato plana dolcemente (si fa per dire) sulla ricca sezione di fiati (ben 14 elementi) che chiudono il primo disco a mo' di fanfara.
Enter Part Three inizia con vocalizzi laceranti e dissonanti sia maschili che femminili che si protraggono per quasi 5 minuti, fino a quando l'orchestra non riprende il suo lavoro tra ritmiche soul-jazz orchestrali mostrando un altro esplicito riferimento: quello della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden. Il crescendo che porta alla conclusione della terza facciata è di quelli che provoca la pelle d'oca...
I nove minuti che chiudono l'intero lavoro sono affidati a Enter Part Four che si ricollega alla Part One ma con le tre voci di Mariam Wallentin, Simon Ohlsson e Sofia Jernberg che si alternano, si accavallano, invocano, emozionano fino a quando il Fender Rhodes chiude l'intero lavoro così come era inziato, ed il cerchio si chiude.

Laddove Exit! aveva colpito per sfrontatezza, entusiasmo nel lasciarsi andare senza rete nel mescolare e trasformare free jazz, canzoni, noise, kraut-rock in un'estatica orgia di suoni, Enter piace per il suo non ripetere pedissequamente il predecessore, puntando più sull'orchestrazione soul-jazz che sull'entusiastica frenesia kraut, pur mantenendo sia coraggio che qualità ai massimi livelli. Altamente consigliato.

- Stefano Santoni

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