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The United States Of America (Columbia – 1968) - REWIND ’60

Di: Stefano Santoni | 29/11/2013
Mettere la puntina sul disco e venire trascinati con la memoria verso un circo oppure una delle fiere paesane cui tutti più o meno abbiamo partecipato non è cosa da poco, l’effetto è ancora più forte quando una voce femminile che ci ricorda per timbrica Grace Slick si impadronisce del brano, mentre sullo sfondo la banda suona con gran potenza di ottoni dissonante e evocativa per poi rallentare fino a scomparire. Nei primi anni ’60 tale Joseph Byrd dopo aver suonato prima del sano country, poi il vibrafono in un gruppo jazz, ed aver fatto comunella con LaMonte Young ed altri intellettuali del tempo alla Stanford University, parte per New York per studiare composizione insieme a John Cage. Non contento trova il tempo per diventare amico di Yoko Ono, scrivere recital e studiare da produttore. Insomma, si da parecchio da fare nel salotto “buono” di NYC, trova la sua musa in Dorothy Moskowitz e pieno di idee torna nella sua West Coast.
A Los Angeles nel 1968 il nostro eroe decide di fare le cose sul serio, di rompere con la tradizione, e di portare a compimento il suo mix di psichedelia, testi che attaccano duramente usi e costumi americani, esoterismo, effetti elettronici, musica da strada. Il gruppo si chiama ironicamente proprio The United States Of America, e vede oltre allo stesso Byrd alle tastiere, Moog e nastri, la suddetta musa Dorothy Moskowitz, il batterista e percussionista amante della musica esotica Craig Woodson, il bassista jazz Rand Forbes e il violinista elettrico Gordon Marron. Già la formazione dice molto delle velleità artistiche di Byrd, fare rock alla fine degli anni ’60 senza usare lo strumento principe del rock: la chitarra.

Il brano di apertura si chiama The American Metaphysical Circus, che sarà un anno più tardi il titolo dell’album del suo “nuovo ” gruppo Joe Byrd and The Field Hippies. Un’apertura, come detto, che ci porta nel mondo di Byrd tra musica da strada e liriche ricolme di satira sulla way of life a stelle e strisce. Hard Coming Love è un numero più convenzionale per quegli anni e non a caso viene scelto dalla Sundazed nel 2004 per farlo uscire come singolo in un 7″ giallo canarino, in una splendida versione registrata live in studio nel 1967. Dopo la lenta Cloud Song dove la Moskowitz fa da padrona, ecco un vero e proprio inno psichedelico come The Garden Of Earthly Delights dove le distorsioni hard sono prodotte non dalle chitarre ma dai sintetizzatori. C’è spazio per un numero da big band per orchestra e diavolerie elettroniche come I Won’t Leave My Wooden Wife For You, Sugar, sorta di vaudeville cantata dallo stesso Byrd e aperta parodia della vecchia canzone da music hall “I Wouldn’t Leave My Little Wooden Hut for You” di Tom Mellor and Charles Collins. Where Is Yesterday apre il secondo lato con un salmodiare in latino e le voci della Moskowitz e di un coro gregoriano che si rincorrono fino a quando una sorta gong elettronico lancia il brano stravolta perfetto nella sua classicità. C’è ancora tempo per una splendida Coming Down ed una politica Love Song For The Dead Ché che rallenta i ritmi con maestria. Stranded In Time è tanto breve quanto visionaria, condotta magistralmente dal violino di Marron. E lascia presto strada al gran finale di marca Zappiana, la suite in tre movimenti di The American Way of Love incredibile summa della composizione Byrdiana, quasi 7 minuti fragorosi dove tutti gli elementi messi in piedi riescono ad incastrarsi magistralmente senza mai essere cacofonici, dove convivono gli ottoni da banda cittadina, la psichedelia, le diavolerie elettroniche, la sezione ritmica jazz, le voci di Byrd e della Moskowitz, per poi sfumare in una nuvola da mago di Oz, tanto plateale quanto riuscita, tanto da chiedersi se tanto ben di Dio è stato reale o semplicemente un sogno diurno.

L’album, naturalmente, ebbe una pessima riuscita commerciale, ma la loro sintesi tra parodia, sperimentalismo e psichedelia elettronica, ha creato un seguito molto interessante, ed echi della lucida “follia” di Joseph Byrd si possono ascoltare quà e là anche in più recenti produzioni, in un certo kraut rock e in un’altra sintesi musicale che è stato il trip-hop. Nel 2008 la Sundazed Records ha ristampato il vinile in 180 gr. Fossi in voi ci farei più di un pensierino…

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