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The Terror

Di: Stefano Santoni | 15/04/2013
I malcapitati che seguono i miei podcast conoscono bene la mia predilezione per i Flaming Lips da Oklahoma City. Wayne Coyne, Steven Drozd e Michael Ivins non hanno mai smesso di sperimentare, di cambiare pelle, di giocare a modo loro sia con il pentagramma che con tutto quello che gli ruota attorno. Questa è sempre stata (forse) la loro dannazione e (sicuramente) la nostra benedizione. Un calderone istrionico che abbracciava all’inizio la psichedelia pura, ma che non ha mai disdegnato di confrontarsi con diversi altri stili musicali. Dai giochi sul palcoscenico con le mani giganti (recentemente rubate e poi ritrovate), il supermegafono, la bolla di plastica dentro la quale Wayne Coyne si muove sul pubblico, i giochi pirotecnici, i milioni di coriandoli, fino alle sperimentazioni sul suono stesso della band con i famosi “parking lot experiments”, ovverosia 40 cassette create dal gruppo che dovevano essere suonate contemporaneamente all’interno di un parcheggio. La cosa ha talmente incuriosito Coyne (ogni volta che veniva suonata la canzone aveva una diversa riuscita, vista l’impossibilità di suonare in sincrono le cassette), da tentarla anche su disco con “Zaireeka” del 1997 composto da 4 cd che dovevano essere suonati insieme (per i “malati” Zaireeka uscirà in quadruplo vinile solo per il Record Store Day 2013). E che dire del Gummy Skull? Un teschio di gomma dove all’interno era celata una chiavetta USB contenente 4 pezzi. O di “The Dark Side of The Moon” dei Pink Floyd rifatto interamente con l’aiuto degli Stardeath and White Dwarfs, di Peaches e di Henry Rollins? O dell’incredibile Strobo Trip contenente un pezzo chiamato “I Found A Star On The Ground” della incredibile durata di 6 ore 6??? Insomma, i Lips ci hanno sempre disegnato una O di meraviglia sulle labbra non solo per la loro musica ma anche per le loro trovate geniali. E adesso? Semplice: ci spiazzano di nuovo con il nuovo “The Terror”. “Perché diavolo abbiamo fatto questa musica che abbiamo chiamato ‘The Terror’, questo disco desolato e disturbante? Non voglio sentire la risposta che temo stia per arrivare: perché siamo senza speranza, siamo disturbati… Vogliamo, o volevamo, credere che senza amore scompariremmo, che l’amore, in qualche modo, possa salvarci. Si, se abbiamo amore, se diamo amore e conosciamo amore, siamo veramente vivi, se non ci fosse amore non ci sarebbe vita. Il terrore è, adesso lo sappiamo, che anche senza amore la vita vada avanti…Noi andiamo avanti…non esiste una dolce morte.” Mai come stavolta il leader dei Lips ha ragione, le sue parole e la musica contenuta nel nuovo disco sono davvero desolate e disturbanti, riflettendo anche, pare, un momento difficile nella vita privata delle menti del combo dell’Oklahoma. Una desolazione di fondo che stride davvero molto con l’immagine colorata, festosa e goliardica descritta prima dei Lips on stage. La psichedelia di “The Terror” è un mood acido che deforma i colori come nella straniante copertina, l’elettronica è usata a piene mani creando un humus che pervade e riempie le 9 tracce dell’album. Le coordinate sono chiare già dalla prima “Look…The Sun Is Rising”, e si capisce subito che il sole che sta per nascere è un sole malato, desolato, incapace di riscaldare. I riff di chitarra scendono giù dall’alto come pietre affilate e la voce di Coyne è distante, sospesa da qualche parte, sembra provenire dall’interno della bolla con cui il cantante ama andare in mezzo alla platea…ma la bolla è confinata a rotolare da qualche parte nel deserto lunare. In “Be Free, A Way” il cantato diventa salmodiante, quasi gospel, ma è un gospel dimesso, sconfitto, che tenta di farsi largo tra le bordate elettroniche, gli effetti tastieristici ed il contrappunto del basso. Se si riuscisse ad escludere il solo cantato di “Try To Explain” potrebbe sembrare quasi una perfetta canzone pop, se chiudo gli occhi riesco quasi ad immaginarla arrangiata come nel loro precedente “The Soft Bulletin”. Ma quì la canzone viene immersa nell’acido sotto forma di devices elettronizzanti che la trasfigurano completamente. Quando ci si comincia a chiedere dove mai i Lips ci potranno ancora portare, ecco che parte “You Lust”: e sono 13 minuti di trip oscuro, quasi spaziale, con Wayne Coyne che ripete ossequioso il suo mantra tribale prima di dare spazio alle evoluzioni strumentali della sua navicella, con queste percussioni elettroniche in bassa fedeltà che scandiscono i ritmi del trip, navigando tra 1000 asteroidi in mezzo ai quali la voce fa capolino sussurrando e poi lasciandoci alla mercé della navigazione spaziale, prima di atterrare sulla spiaggia di una mare che sembra appartenere ad un altro tempo ed un altro luogo. Dopo questa estenuante cavalcata si riprende con il consueto spleen, con la bruma rumoristica che altera i colori del paesaggio come nella title track. In “Butterfly, How Long It Takes to Die” torna a trovarci la tagliente chitarra funk, e le atmosfere sembrano distendersi un po’, ma è solo un attimo, perché le ultime due tracce riportano tutto il mood sui binari consueti. A distanza di anni sono ancora tante le cose che riescono ancora a stupire dei Flaming Lips: la loro attitudine underground ed alternativa, la loro voglia di rischiare ancora, scomponendo e ricomponendo il loro sound, e tutto questo è ancora più incredibile perché arriva da un gruppo che è nell’orbita di una “signora” major come la Warner Bros (in europa il disco esce per Bella Union). Tirando le somme, The Terror è l’ennesimo colpo dei Lips: loro ci invitano a comprarlo in doppio vinile argentato…ecco, magari 36 dollari più spese di spedizione sono un po’ troppi visti i tempi che corrono, anche se l’artwork è allettante e c’è il download del singolo “Sun Blows Up Today” (non compreso nell’album), ma al vinile “normale” non ho saputo resistere, inchinandomi ossequioso alla loro grandezza.

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