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The Gathering

Di: Stefano Santoni | 05/03/2011
Baltimora. Amministrativamente si tratta di una città indipendente, ma musicalmente non è certo il centro della scena musicale indipendente americana. I gruppi più famosi emersi dalla città del Maryland sono sempre stati abbastanza diversificati in quanto a stile, basti pensare ai Lungfish, Beach House, Thank You, Celebration, Pontiak. Ma anche se ognuno dei gruppi sopracitati ha una propria spiccata attitudine estetica , allo stesso tempo sa adattarsi a quello degli altri. Una specie di spirito di gruppo, un gruppo con un’anima. Dave Heumann, leader degli Arbouretum, racconta: “Ognuno suona quel che ama e le collaborazioni si sprecano, anche se all’apparenza i punti di contatto tra i gruppi sono pochi”. In questa scena musicale così aperta e rilassata è sempre stato molto importante il contributo dello stesso Dave, che ha fondato gli Arbouretum parallelamente alla sua preziosa collaborazione con Will Oldham sia sul palco che in studio. La sua creatura in questa prima parte di 2011, da vita al suo quarto lavoro in studio, quinto se contiamo anche lo split con i Pontiak “Kale” uscito nel 2008. Probabilmente il nuovo “The Gathering” è il miglior lavoro della band, intenso sia dal punto di vista musicale che da quello lirico, dichiaratamente ispirato al “Red Book” di Jung. Chi ama il suono pieno e denso della chitarra, echi folk, poderosi riff stoner e quasi doom e lunghe cavalcate psichedeliche, troverà nei solchi di questo lavoro pane per i propri denti. L’innesto di un tastierista non ne ammorbidisce affatto la scrittura, anzi, ed è sempre la chitarra del leader, a cavallo tra stoner e psichedelia, a menare le danze. Heumann, in bilico tra l’assolo meraviglioso di “The White Bird” e il cantato, che non è mai stato allo stesso tempo così malinconico e splendente, di “The Highwayman”, trova l’equilibrio perfetto, il dono sempre più raro di una scrittura pienamente rock ed assolutamente memorabile. Tra il tribalismo raga-rock di “Waxing Crescent”, la trascinante “The Empty Shell” ed il lungo, saturo finale di “Song of the Nile” troverete tutta la magia di un gruppo che sa piegare e raccontare il passato rendendolo,allo stesso tempo, meravigliosamente moderno.

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